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lunedì 14 novembre 2016

30 ANNI FA NASCEVANO I VERDI ITALIANI

ANNI DI CONQUISTE ECOLOGISTE PER I DIRITTI, PER L’ECONOMIA CHE E’ DOVEROSO RICORDARE
30 anni fa, il 16 novembre del 1986, a Finale Ligure nascevano le liste Verdi: anni di importanti conquiste ecologiste per la società, la cultura, i diritti e l’economia del nostro paese. Conquiste che non hanno avuto quel giusto risalto e riconoscimento nel paese. C’è una domanda ricorrente che viene fatta da molti: ma i Verdi esistono ancora? Si esistono e pur essendo usciti dal 2008 dal parlamento, continuano ad essere presenti in molti territori e istituzioni locali, protagonisti di molte battaglie con oltre 100 tra consiglieri comunali e assessori, nonostante non siano presenti da oltre 10 anni nelle trasmissioni di informazione e nei talk show sia della televisione pubblica che privata.
Le Liste Verdi sono state il primo tentativo riuscito, dopo gli anni del terrorismo in Italia, a ottenere rappresentanza istituzionale senza voler essere "partito". Questo è avvenuto grazie al contributo proveniente dalle positive esperienze delle università verdi, delle associazioni ambientaliste e dei gruppi pacifisti.
E' così che si è avviato il percorso che avrebbe portato i Verdi a farsi portavoce di istanze ecologiste e di un diverso modello di sviluppo economico non basato sulla crescita illimitata e il consumo bulimico delle risorse. E come trenta anni fa, ancora oggi quegli obiettivi rimangono sostanzialmente gli stessi. Ma con la presenza politica dei Verdi si possono sicuramente sottolineare e ricordare alcuni significativi obiettivi ottenuti per l’Italia e i suoi cittadini.
L’otto novembre del 1987 grazie a un referendum sostenuto da Verdi gli italiani dicono No la nucleare portando l’Italia a chiudere le centrali nucleari. Negli anni successivi grazie all’azione dei Verdi al governo si apre una fase nuova perché con il conto energia a sostegno delle energie rinnovabili l’Italia diventerà leader in Europa nella produzione di energie pulite nonostante il tentativo di molti governi compreso l’attuale di fermare le rinnovabili. Già nel 2012 l’Italia era prima con il 39% tra i grandi paesi Ue, a pari merito con la Spagna, per quota di energia rinnovabile nella produzione elettrica, davanti a Germania 24%. Oggi la quota di energia rinnovabile nella nostra produzione elettrica ha superato il 43%.
Il 3 giugno del 1990 i Verdi promuovono il referendum contro la caccia e l’uso dei pesticidi in agricoltura. Purtroppo il referendum non raggiunse il quorum a causa della campagna astensionistica attuata dalla lobby trasversale dei cacciatori e degli armieri. Ma quei temi referendari rimangono quanto mai attuali a partire dall’urgenza di garantire cibi sani, sicuri e liberi da veleni. Con la legge quadro sui parchi la 394/1991 voluta da quel piccolo e preparato, gruppo di parlamentari Verdi, l’Italia avrà un sistema di parchi nazionali e aree marine e conseguentemente parchi regionali mettendo sotto tutela e conservazione oltre 1,5 milioni di ettari di territorio. Una straordinaria operazione ambientale. Leggi come l’abolizione della pena di morte dal codice penale militare di guerra, i primi provvedimenti legislativi antismog la n.385/ 1989, per la difesa e il riassetto del suolo, la n.183/1989, la cessazione dell’impiego dell’amianto, la nuova normativa sulla caccia la 157/92, la razionalizzazione delle norme sui rifiuti, sull’inquinamento acustico, il divieto di trasformazione urbanistica delle aree percorse da incendi, lo stop agli Ogm in agricoltura per difendere il made in Italy enogastronomico, il conto energia per le rinnovabili, l’ecobonus per le ristrutturazioni edili in vigore dal 2007. Proprio l’ecobonus, voluto dai Verdi durante l’ultimo governo Prodi, ha dato un forte impulso all’economia nazionale e all’occupazione. Questa misura, ancora oggi in vigore, nel 2015 ha prodotto investimenti per 24.106 milioni di euro equivalenti a 351mila posti di lavoro fra occupazione diretta e indotta. L’elenco è lungo e dimostra come l’azione dei Verdi sia stata propositiva e costruttiva per il progresso del paese: sono stati detti ovviamente dei No assolutamente giusti che ancora oggi vengono ribaditi, come quello sul ponte sullo Stretto di Messina , 8 miliardi di euro di risorse che dovrebbero essere invece utilizzati per la messa in sicurezza dal rischio sismico e idrogeologico dell’Italia, o il no alle folli trivellazioni petrolifere che mettono a rischio i nostri mari e le nostre terre. "I cambiamenti climatici costituiscono una delle principali sfide attuali per l’umanità" scrive Papa Francesco nella Lettera Enciclica Laudato Si’ - Sulla cura della casa comune. Il messaggio del Papa arriva in un momento in cui le conseguenze drammatiche dei cambiamenti climatici sono sempre più gravi: saranno quasi 200 milioni i profughi climatici previsti dall’Onu entro il 2050 che fuggiranno da aree desertificate, carestie e guerre per il controllo delle risorse naturali. Alle sagge parole del Papa dobbiamo fare i conti con la preoccupante elezione di Trump a presidente degli Stati Uniti d’America che nel suo programma ha messo nero su bianco di voler mettere in discussione gli accordi sul clima e di costruire un‘America intollerante verso i più deboli. Anche in Europa e in Italia gli effetti dell’inquinamento e la crisi ambientale e climatica condizionano negativamente la vita della popolazione e dell’economia. Secondo l’organizzazione mondiale della sanità (Oms) e l’organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), «il costo economico dei circa 600.000 decessi prematuri e malattie provocate dall’inquinamento in Europa, raggiungevano, nel 2010, la cifra di 1.600 miliardi di dollari», ovvero 1.463 miliardi di euro. Un ammontare che equivale circa al 10% del P.i.l. dell’Unione Europea. L’Italia ha un governo che dal punto di vista delle politiche ambientali è certamente uno dei peggiori della storia della Repubblica: ha dato il via alla ripresa delle trivellazioni petrolifere, penalizzato le rinnovabili, approvato il decreto 91/2014 che sana l’inquinamento a mare e molto altro. C’è un’anomalia italiana che è quella di non avere avuto e di non avere un movimento Verde forte dal punto di vista elettorale come quello del Nord Europa. E’ un tema profondo questo, che evidenzia anche una differenza di visione della società e dei beni collettivi tra nord e sud Europa. Rimango profondamente convinto che a differenza del Nord Europa in Italia vi sia un deficit di etica della responsabilità. Ma la domanda è: l’Italia ha bisogno di una forza Verde, moderna e innovativa sganciata da vecchie logiche ideologiche, che sappia allearsi con chi mette al centro delle politiche di governo la conversione ecologica dell’economia e la lotta a tutte le povertà? E come deve organizzarsi e su quali basi? A questa domanda spero e auspico che si possa aprire una discussione anche critica ma propositiva per il bene del futuro del nostro paese. Mercoledì16 novembre alle ore 11 a piazza Montecitorio sarà presentato il libro dei 30 anni dei Verdi che ricorda tutte le leggi, le battaglie vecchie e nuove fatte per l’Italia. In ogni caso tanti auguri ai Verdi italiani.
Angelo Bonelli

VERDI: Documento per il NO nel referendum sulla Revisione Costituzionale e sulla connessa legge elettorale

  •   I Verdi italiani che sottoscrivono il presente documento ritengono sbagliato e inaccettabile che il referendum sulla riforma costituzionale, previsto per il 4 dicembre 2016, venga tramutato in una sorta di plebiscito a favore del Presidente del Consiglio Renzi e del suo Governo. Qualunque sia il giudizio che qualunque forza politica e qualunque cittadino o cittadina abbia nei confronti del Governo Renzi, che può essere positivo o negativo o anche articolato rispetto ai singoli provvedimenti del suo programma, nel referendum deve prevalere esclusivamente il giudizio sull’insieme della riforma costituzionale approvata dalla maggioranza del Parlamento secondo le procedure previste dall’art. 138 della Costituzione. Il quale art. 138 prevede anche la possibilità di promuovere un referendum (senza quorum di validità) su ogni legge di revisione costituzionale, qualora tale legge non sia stata approvata nell’ultima lettura da entrambe le Camere con i due terzi dei propri componenti. La riforma costituzionale è stata approvata con maggioranze di poco superiori al 50% e condizionate anche dagli effetti “drogati” determinati dalla legge elettorale “Porcellum”, poi dichiarata incostituzionale dalla Corte costituzionale. Il prossimo referendum è stato promosso tanto dalle forze politiche di opposizione, quanto dalle forze politiche di maggioranza: nel primo caso si tratta di un referendum “oppositivo” e nel secondo caso di un referendum “confermativo”, a seconda delle intenzioni politiche dei proponenti.

  • 2.     I Verdi che sottoscrivono il presente documento condividono la necessità del referendum, ma intendono esprimersi soltanto sulla materia costituzionale, e sulla strettamente connessa (anche se non sottoposta a referendum) legge elettorale per la Camera dei deputati (il cosiddetto “Italicum”), che ne costituisce il logico completamento, anche se si tratta di legge ordinaria e non di legge costituzionale. Noi riteniamo che una riforma costituzionale non debba mai essere legata alle sorti di alcun Governo “pro tempore”, perché la Costituzione, anche se riformabile e riformata, è la legge fondamentale che riguarda tutti i cittadini e le cittadine e anche tutte le forze politiche, a prescindere dalle transeunti maggioranze politiche che sostengono di volta in volta uno specifico Governo, e deve avere la capacità e possibilità di una lunga durata e validità, al di là delle singole contingenze politiche. Il popolo sovrano si è già pronunciato due volte con un referendum popolare su complesse riforme costituzionali. Nel 2001 il referendum ha confermato la riforma del Titolo V della seconda parte della Costituzione proposta dal centrosinistra, mentre nel 2006 il referendum ha bocciato la più ampia riforma costituzionale proposta dal centrodestra nel 2005. Nel primo caso la riforma era stata votata dal Parlamento durante il Governo Amato e confermata nel referendum durante il Governo Berlusconi. Nel secondo caso la riforma era stata votata dal Parlamento durante il Governo Berlusconi ed era stata bocciata nel referendum durante il secondo Governo Prodi. In nessuno dei due casi precedenti, dunque, il pronunciamento referendario ha avuto alcuna ripercussione sulle sorti dei Governi in carica.

  • 3.     La riforma elettorale, approvata con ripetuti voti di fiducia ed entrata in vigore il 1° luglio 2016, è strettamente connessa alla riforma costituzionale pur se attualmente non sottoposta a referendum, mentre nel prossimo futuro, dopo il referendum, sarà sottoposta al giudizio della Corte costituzionale anche alla luce della sentenza n. 1 del 2014 sulla incostituzionalità di alcuni aspetti essenziali della precedente legge elettorale (il cosiddetto “Porcellum”). Noi riteniamo che l’”Italicum” sia una legge inaccettabile sotto diversi profili. In particolare riteniamo sbagliato:

I.                   che il premio di maggioranza possa essere dato anche a chi non ha raggiunto il 50% dei voti espressi e quindi non condividiamo il doppio turno, che permetterà di ottenere il premio di maggioranza anche sulla base del consenso di una ristretta minoranza di elettori (nell’attuale sistema tripolare e con i crescenti tassi di assenteismo, potrebbe realisticamente trattarsi anche solo del 20-25% degli aventi diritto al voto);

II.                 che sia esclusa la possibilità di formare coalizioni, come invece è previsto sia per le elezioni regionali che per le elezioni comunali, senza che questo abbia comportato problemi di governabilità a livello regionale e locale, permettendo anzi una più ampia rappresentatività e un più ampio pluralismo sia tra le forze di governo che tra quelle di opposizione;

III.              che siano previsti i capilista bloccati decisi dalle segreterie dei partiti, senza possibilità per gli elettori e le elettrici di esprimere su di loro il voto di preferenza, e che per di più sia prevista per i capilista la possibilità di candidature plurime (fino a dieci!), mettendo in questo modo esclusivamente nelle mani dei segretari di ciascun partito la scelta verticistica e autocratica degli eletti, espropriando le elettrici e gli elettori di ogni possibilità di scelta e ritornando a realizzare conseguentemente una Camera dei deputati in grande prevalenza di “nominati” e non di eletti;

IV.              che tutto questo comporti di fatto una modificazione surrettizia della forma di Governo, arrivando ad una “democrazia di investitura” ed espropriando sostanzialmente il Presidente della Repubblica del potere di scegliere il Presidente del Consiglio incaricato, come previsto dalla Costituzione, arrivando invece ad una sorta di “investitura” obbligata al “capo” sulla base dei risultati consentiti dalla legge elettorale.

  • 4.     Per quanto riguarda la riforma costituzionale, riconosciamo che un giudizio analitico può far emergere sia luci che ombre, ma riteniamo che, nel suo insieme, si tratti di una riforma non condivisibile per il suo impianto complessivo. Tra gli aspetti positivi possono essere citati, ad esempio, la più rigorosa disciplina della decretazione d’urgenza (inflazionata in modo crescente anno dopo anno e ormai giunta a livelli inaccettabili anche col Governo Renzi) e la soppressione del CNEL, organismo ormai totalmente obsoleto per una classe politica, sindacale e imprenditoriale “a fine carriera”, divenuto irrilevante rispetto alle finalità originariamente immaginate (ma mai pienamente realizzate) per un simile organismo. Tuttavia entrambi gli obiettivi avrebbero potuto essere raggiunti con singole leggi costituzionali “ad hoc”, che avrebbero realisticamente trovato il consenso della quasi totalità del Parlamento e comunque, in caso di vittoria dei NO nel referendum, potranno essere realizzati nel prossimo futuro appunto con singoli provvedimenti di natura costituzionale, anche nell’ambito temporale dell’attuale legislatura.

  • 5.     Tuttavia le ombre e gli aspetti critici della riforma prevalgono nettamente sui pochi aspetti positivi. Il superamento del bicameralismo perfetto o paritario, obiettivo pur condivisibile, è stato realizzato in modo confuso e pasticciato, sia sotto il profilo della composizione del futuro Senato, sia sotto il profilo delle sue competenze legislative e del suo rapporto con la Camera dei deputati e con il Governo. Appaiono inaccettabili e contradditorie tanto le modalità di elezione indiretta, del resto demandate ad una futura legge ordinaria di cui non si conoscono le caratteristiche, quanto la sua natura politica: i futuri senatori rappresenterebbero le rispettive forze politiche e non certo i territori. E per di più i cittadini e le cittadine sarebbero espropriati del loro potere sia di elettorato attivo che di elettorato passivo. Inoltre la ripartizione delle competenze legislative tra Camera e Senato è stata effettuata, con il nuovo art. 70, in modo talmente confuso e complesso, da rendere incomprensibile il testo alla grande maggioranza dei cittadini e da rendere probabili innumerevoli conflitti di competenza difficilmente risolubili se non ricorrendo alla Corte costituzionale.

  • 6.     Per quanto riguarda l’altro fondamentale aspetto della riforma, e cioè la modifica del Titolo V in materia di autonomie regionali, anziché individuare alcune limitate e specifiche correzioni rispetto alla riforma introdotta nel 2001 dalla maggioranza di centrosinistra e confermata dal referendum popolare, si è scelta la strada di un totale stravolgimento dell’impianto precedente. Anziché arrivare ad una forma di federalismo o di regionalismo ben articolato ed equilibrato, si è arrivati ad una vera “controriforma” con una fortissima ricentralizzazione dei poteri in capo allo Stato, svuotando di poteri, competenze e responsabilità il sistema delle Regioni a Statuto ordinario, inserendo inoltre una “clausola di supremazia” e congelando invece gli  effetti della riforma stessa per quanto riguarda le cinque Regioni a Statuto speciale. In questo modo si mette in discussione anche il dettato dell’art.5 della Costituzione, che ne è uno dei princìpi fondamentali. Inoltre la riforma costituzionale triplica le firme necessarie per le leggi di iniziativa popolare e riduce il quorum di validità per i referendum popolari solo a prezzo di un forte aumento (da 500.00 a 800.000) delle firme necessarie per la loro promozione, a fronte delle enormi difficoltà per la certificazione delle firme dei cittadini.

  • 7.     Complessivamente il combinato disposto del testo della riforma costituzionale e della complementare legge elettorale darebbe vita ad un assetto costituzionale e istituzionale fortemente squilibrato sul lato della presunta “governabilità” e a scapito della altrettanto essenziale, e fondamentale in democrazia, rappresentatività. Non sarà la campagna demagogica e populista sui costi della politica a poter strumentalmente coprire gli squilibri politici e istituzionali, il surrettizio cambiamento della forma di Stato e della forma di Governo, le incoerenze e le numerose complicazioni del procedimento legislativo, le ripercussioni negative sul sistema delle garanzie costituzionali e dei “pesi e contrappesi”, che dovrebbero sempre caratterizzare una autentica democrazia politica e una democrazia costituzionale, quali erano state delineate dal disegno dei padri costituenti nella Costituzione vigente.

  • 8.     Per tutti questi motivi, i Verdi che sottoscrivono il presente documento decidono di prendere posizione per il NO nel referendum costituzionale, fermo restando che i referendum chiamano in causa in primo luogo il voto delle cittadine e dei cittadini nella loro autonomia di scelta, mentre il ruolo delle forze politiche dovrebbe essere principalmente di informazione e di orientamento verso il voto popolare. In ogni caso, noi eviteremo di schierarci in organismi e comitati, pur legittimi, che perseguano il duplice obiettivo della vittoria dei NO nel referendum (obiettivo ovviamente da noi condiviso per le motivazioni indicate), ma anche della caduta del Governo Renzi. A livello nazionale e locale, noi parteciperemo liberamente a quei comitati per il NO che si caratterizzino esclusivamente per la presa di posizione critica, informata e motivata sul merito della riforma costituzionale e della connessa legge elettorale.

  • 9.     Il Presidente del Consiglio Matteo Renzi, e con lui la Ministra Boschi, a nostro parere sbagliano radicalmente nel mettere sullo stesso piano l’esito del referendum del prossimo 4 dicembre e le sorti del Governo. Se il Governo dovesse dimettersi, sarà per sua autonoma e discutibile scelta, non per la volontà delle elettrici e degli elettori, che sono chiamati a pronunciarsi sul merito della riforma costituzionale e non sulla ipotizzata sconfitta del Governo. In ogni caso, se per propria decisione cadesse il Governo Renzi, non ci sarà alcun obbligo o automatismo di scioglimento delle Camere, essendo questa una esclusiva responsabilità del Presidente della Repubblica, il quale, per dettato costituzionale, dovrà eventualmente o rinviare l’attuale Governo alle Camere (non avendo ricevuto da esse la sfiducia) oppure, dopo opportune consultazioni parlamentari, individuare un altro Presidente del Consiglio. Se prevarranno i NO, è falso inoltre affermare che si chiuderà il capitolo delle riforme. È invece un capitolo che si potrà tempestivamente riaprire già in questa legislatura, sia per quanto riguarda le leggi elettorali per la Camera e il Senato, sia con singole modifiche costituzionali per le parti più largamente condivise e, nella prossima legislatura, con un Parlamento più democraticamente legittimato rispetto a quello espresso dal “Porcellum”, con la capacità di elaborare una riforma più equilibrata, più condivisa e più largamente partecipata.

Questo documento è stato presentato e discusso nel Cosniglio federale nazionale e sottoscritto dalle seguenti Federazione Verdi regionali: TRENTINO, LOMBARDIA, EMILIA ROMAGNA, PIEMONTE, LIGURIA, VENETO, FRIULI VENEZIA GIULIA, TOSCANA, UMBRIA, LAZIO, PUGLIA, CALABRIA, BASILICATA, SICILIA, SARDEGNA. (Abruzzo e Molise non sono federazioni formalmente costituite)